L'architetto che fa danzare le forme
Nel 2005 usciva il documentario Sketches of Frank Gehry (in italiano Frank Gehry creatore di sogni) di Sydney Pollack. Appena l'ho visto mi sono accorta della felice coincidenza di tre elementi: il modo semplice e onesto con cui Frank Gehry si racconta, le sue opere e come cambiano negli anni, la testimonianza del suo psicoterapeuta che racconta alcuni aspetti della sua psicoterapia.
Ecco un esempio di un processo di trasformazione. Non dico con questo che tutti quelli che fanno una psicoterapia dovrebbero diventare dei Frank Gehry. Ognuno ha i suoi talenti, e, se fossimo degli alberi, ognuno può diventare un pino marittimo, una quercia o un cipresso a seconda dei talenti che ha in sè.
Questo documentario è un buon esempio di come la psicoterapia può liberare energie nuove per essere più liberi, e nel caso di Frank Gehry, per essere più creativo.
Vi propongo alcuni brani del documentario, scelti e ordinati per temi.
Architetto o artista?
"I miei colleghi architetti, perlopiù coetanei, mi prendevano in giro, da loro non ebbi mai un briciolo di sostegno, piuttosto una distaccata curiosità. Con gli artisti invece mi divertivo, amavo loro e le loro opere, mi trattavano come un membro della famiglia."
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
La sua casa
"Fu Berta (sua moglie) a trovare la casa, era comoda, aveva un pezzetto di giardino e ce la potevamo permettere. Quando la comprammo capii che avrei dovuto farci qualcosa prima di traslocarci. E mi affezionai subito all’idea di lasciarla intatta, di non manometterla. Era intorno alla vecchia costruzione che avrei realizzato il nuovo edificio. Volevo che le finestre si protendessero al di fuori del fabbricato. "
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
L’idea di prendere Frank Gehry come esempio di trasformazione, mi è venuta guardando la sua casa. Di solito la casa nei sogni rappresenta lo spazio psichico di chi sogna.
Frank Gehry la descrive come un nucleo interno più antico con le finestre che si protendo al di fuori del fabbricato.
Se la guardiamo partendo dall’edificio esterno, vediamo zone di luce che entrano in un nucleo interno più antico. E questo, secondo una lettura psicologica, rappresenta l’integrazione di parti di sé, l'integrazione di parti nuove con parti più antiche, parti illuminate con parti più buie.
Il coraggio di cambiare
“Mentre costruivo casa mia portai a termine il Santa Monica Place, un centro commerciale. La sera dell’inaugurazione cenammo qui a casa con il presidente della società, un avvocato, che si guardò intorno e mi chiese ‘Che diavolo ha fatto?’ ed io ‘Beh, mi sono divertito a sperimentare un po’’. E lui ‘Le piace? Deve piacerle per forza.’ Ed io ‘certo’ e lui ‘se le piace questo non può piacerle quello’ e punta il dito in direzione del Santa Monica Place. Al che io rispondo ‘Ha ragione, non mi piace’ e lui: ‘Allora perché l’ha fatto?’ e io ‘Per guadagnarmi da vivere’ e lui ‘Fa male, dovrebbe smettere’ e io ‘Ha ragione’. In quel periodo nel mio studio c’erano 45 persone che lavoravano solo ai suoi progetti, con una stretta di mano decidemmo di fermare tutto. Ebbi l’inebbriante sensazione di un salto nel vuoto, e, malgrado tutti i guai che ne derivarono, trovai la felicità.”
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
La psicoterapia
"Milton Wexler, psicoterapeuta di Frank Gehry: 'Conosco Frank da 35 anni. In principio come paziente, non aveva fiducia in sè stesso, diceva spesso di essere alla bancarotta, e non si riferiva soltanto ai soldi, ma anche alla sua vita di relazione e alla sua capacità di far accettare ai clienti le cose che faceva.
Ai suoi occhi incarnavo la figura dell'adulto, che fosse vero o no, lui mi vedeva così. Quando in seguito si rese conto che i nostri ruoli si stavano invertendo, che in un certo qual modo stava diventando lui il maestro, perchè io sapevo pochissimo di arte e architettura, questo lo aiutò ad assumere un ruolo meno gregario nel nostro rapporto e nel rapporto con i suoi clienti. Cominciò ad educarli, così come stava educando me, a dir loro cosa avevano bisogno di vedere e in che modo. In questo senso la mia ignoranza costituì un patrimonio prezioso nella terapia.
Molti pensano che sia stato io a fare di Frank un grande architetto, è un'assurdità, non sono io che l'ho reso famoso, se mai il contrario. Tant'è vero che quando Frank è diventato una celebrità, molti architetti mi hanno chiesto di diventare miei pazienti, ma ho sempre rifiutato, perchè sapevo perfettamente che non potevo fare di loro altrettanti Frank Gehry. Io posso aprire la diga, ma se non c'è acqua...
C’è qualcosa nell’emisfero destro del suo cervello che gli permette di abbandonarsi a libere associazioni che poi riesce a tradurre in oggetti concreti.
Più acquisiva sicurezza nella sua vita di relazione, più era determinato a osare l’inosabile."
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
Creatività
La formula dell’architettura di Frank Gehry si può riassumere, come dice lui stesso, in x meno qualcosa e x più qualcosa. E’ una geometria delle superfici curve applicata all’architettura.
Dice Frank Gehry: "... Questo caos che si comincia ad avvertire, è bello."
"Philip Johnson, architetto: se c’è una cosa che Frank sa interpretare è la luce, tutto sta nel modo in cui la luce plasma le forme e ne viene plasmata, tutto il resto è marginale, l’architettura stessa è marginale.
Frank Gehry: ... quello che prevale facendomi dimenticare tutti gli incidenti di percorso, è il modo in cui i materiali riflettono la luce aggiungendo una dimensione che era assente nei disegni e nei modelli in scala, e tutto prende vita."
"Barry Diller, presidente, CEO, IAC/Interactive corp: cominciammo parlando dell’acqua perché a Frank come a me piacciono le barche, e io stavo per vararne una. Gli confidai un mio sogno: 'imboccavo con la mia nuova barca la foce dell’Hudson, passavo sotto il ponte Verrazzano, superavo Battery park, risalivo ancora l'Hudson e in riva al
fiume, a un tratto, mi appariva questo edificio'. Un istante dopo Frank buttò giù due scarabocchi, l’essenziale c’era già tutto. Aveva creato delle vele.'
Frank Gehry: 'Se accetto un lavoro è perché mi piacciono le persone che me lo stanno offrendo.'
Mildred Friedman, scrittrice, curatrice: Frank ha capito una cosa di cui molti suoi colleghi non si rendono conto, ciò che influenza maggiormente il progetto è il cliente. Se c’è un grande cliente, si può realizzare un grande edificio, altrimenti no."
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
Un ricordo
"Mi è sempre piaciuto lavorare con le mani, ricordo ancora, avrò avuto otto anni, che mia nonna aveva un sacco pieno di scarti di falegnameria con cui alimentava la stufa, e di tanto in tanto lo rovesciava per terra e con quei legnetti costruivamo strade e palazzi. Quanto mi divertivo. E quando affrontai il fatidico dilemma cosa farò da grande, tornai con la memoria a quel gioco, ed ebbi l’intuizione: forse dovrei fare qualcosa di simile."
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
Museo Guggenheim - Bilbao
"Sidney Pollack: ... non ho mai visto nulla di simile al museo di Bilbao, la sensualità, quella musicalità da dove vengono … Frank Gehry: semplice evoluzione, cercavo il modo di esprimere emozioni in oggetti tridimensionali, la cattedrale di Chartres, quando entri, ti obbliga a inginocchiarti.
Norman Rosenthal, curatore di mostre, Royal Academy, Londra: per me la più impressionante cattedrale del XX secolo è il museo di Bilbao, non c’è ombra di dubbio, lo vedi e resti senza fiato, è come gettare uno sguardo sul paradiso.
Juan Ignacio Vidarte, direttore del Guggenheim museum di Bilbao: qualcuno ha detto, era un giornalista inglese mi pare, che il museo sembra un oggetto venuto dallo spazio, ma che è atterrato qui 100 anni fa, dunque è alieno perché non ha nulla in comune con gli edifici circostanti, ma nel contempo ha delle caratteristiche che lo fanno appartenere a questi luoghi. Se non ci fosse, ormai più nessuno capirebbe la città di Bilbao.
Nerea Abasolo, giornalista, Bilbao: l’area urbana conta 350.000 abitanti, ebbene solo il primo anno abbiamo accolto 700.000 turisti. E’ andata sviluppandosi una forma di orgoglio collettivo, dall’ammirazione per l’architetto al compiacimento di essere stati così lungimiranti da realizzare il suo progetto, alla soddisfazione di avere un edificio che tutto il mondo ci invidia.
Frank Gehry: Non mi aspettavo che il museo di Bilbao riscuotesse tanto successo, tanto che all’inaugurazione ero pieno di dubbi e pensavo ‘Mio Dio cosa ho fatto!’
Vedendo il museo di Bilbao finito ho provato imbarazzo: Oh signore ma come gli è venuto in mente di lasciarmelo fare! "
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
Maggie's Center - Dundee
"Il Maggie's Center è il progetto che ho realizzato gratis in memoria di un’amica. Sono partito da un'idea, poi ho cominciato a sognare Maggie che mi diceva che c’era troppa architettura, che lo dovevo smorzare, così ho buttato via tutto e ho ricominciato da capo.
Chales Jenckes, architetto, marito di Maggie Keswick: Avendo lavorato con Maggie, Frank ha saputo cogliere il senso dell’iniziativa: offrire ai malati di tumore uno spazio informale. Si è accollato l’intero costo del progetto, perché era un grande amico di Maggie, e dalla loro amicizia è scaturita una concezione dell’architettura come strumento di guarigione. Il carattere non istituzionale, un ambiente conviviale, e la disponibilità di spazi per la riflessione, sono gli elementi chiave del centro. E' un luogo piacevole in cui svegliarsi la mattina e ammirare il panorama.
E' di estrema importanza per i malati di tumore poter considerare la malattia in un contesto che travalica la sfera
individuale."
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
Walt Disney Concert Hall - Los Angeles
"Frank Gehry: Le forme della Disney Hall sono ispirate alla nautica. Con le vele a farfalla, quando si naviga in fil di punta con il vento in poppa, si crea un bellissimo spazio. La facciata della Disney Hall ha le vele a farfalla e tu sei al timone.
Esa-Pekka Salonen, direttore della Philarmonica di Los Angeles: a prescindere dal risultato estetico, una sala che non suona bene ha fallito il suo scopo, e Frank fu esplicito fin dall’inizio su questo punto: è un edificio destinato alla musica, questa è la priorità, tutto il resto non ha importanza, parole impegnative per un architetto.
Frank Gehry: L’architetto deve guardare con ottimismo al rapporto tra la sua opera e gli edifici circostanti. ... A me non piace il Dorothy Chandler Pavilion, non è un granché, però esiste, per la gente significa qualcosa, è un patrimonio della collettività.
Quindi, che mi piaccia o no, lo devo rispettare, è una questione di buon vicinato. Così mi sono sforzato di realizzare qualcosa che non sminuisse il valore iconico del Dorothy Chandler Pavillion, e ho frammentato le dimensioni della Disney Hall in volumi più piccoli, differenziandone il linguaggio."
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
Riflessioni
"Frank Gehry: Quando ricevo dei commenti negativi faccio quello che farei con un paio di jeans, me li provo, nel senso che voglio capire se posso in qualche modo trarne profitto, ma non li assimilo intellettualmente, non dico d’ora in avanti farò così anziché così. e poi vado avanti per la mia strada.
Sydney Pollack: non ti intristisci mai alla fine di un lavoro?
Frank Gehry: tipo depressione post partum? ... Beh sì, ... il distacco è difficile. Per me ci vuole un anno, poi quando vedo che tutto funziona, che la gente apprezza, mi lascio andare un po’.
Sydney Pollack: ti chiedi mai come ci sei riuscito?
Frank Gehry: sì, ogni volta. Ma come diamine ho fatto?
Berlino, DG Bank - Frank Gehry: Io non vivo a Berlino perciò lo vedrò oggi e forse altre 3 o 4 volte in tutta la mia vita, per me è come un figlio, gli voglio bene.
Frank Gehry: Quando inizi la carriera di architetto, persegui un’impossibile perfezione, e passi tutta la vita vagheggiando un edificio ideale che sarebbe bellissimo costruire, il punto d’arrivo di tutta una carriera, poi maturi e ti rendi conto che non ci arrivi mai, perché non c’è punto d’arrivo."
(da Sketches of Frank Gehry - S. Pollack 2005)
Di Frank Gehry colpisce il modo con cui si racconta, ci mostra con onestà le sue emozioni, un aspetto che raramente si incontra nelle persone famose. La fatica che fa nel lasciare andare la sua creatura, come ogni genitore con il figlio che inizia una sua vita autonoma. L'imbarazzo che prova quando conclude un suo lavoro: "Oh signore ma come gli è venuto in mente di lasciarmelo fare!"
Spesso nel suo lavoro trae spunto dai sogni. E' da un sogno dell'amica Maggie che cambia il progetto del Maggie's Center. E' da un sogno del suo cliente che progetta il palazzo dell'IAC a New York. Ed i sogni, si sa, sono una via privilegiata di comunicazione con l'inconscio.
Il suo psicoterapeuta Milton Wexler dice che 'c’è qualcosa nell’emisfero destro del suo cervello che gli permette di abbandonarsi a libere associazioni che poi riesce a tradurre in oggetti concreti'. Come se avesse privilegiato un linguaggio non verbale, per immagini ed emozioni. Mi piace molto la sua ricerca su come riuscire ad esprimere emozioni in oggetti tridimensionali. Della cattedrale di Chartres dice: 'quando entri, ti obbliga a inginocchiarti'.
Milton Wexler, il suo psicoterapeuta, ci dice che 'all'inizio, come paziente, non aveva fiducia in sé stesso', dai suoi lavori e per come si racconta si intuisce che ha raggiunto un buon grado di libertà: la libertà di essere sé stesso.
Con questo non voglio creare il mito di Frank Gehry, questo è solo un esempio. Ogni paziente ha il suo percorso. La trasformazione è un processo che spesso si scopre a posteriori, guardandosi indietro e realizzando come si è cambiati rispetto a prima. La trasformazione può realizzarsi nell'acquisire nuovi orizzonti o nuove visuali, in cambiamenti nel mondo affettivo o nel modo di porsi rispetto agli altri, anche senza diventare una celebrità.
Paola Palmiotto
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