Questa è la traduzione in italiano di un mio articolo pubblicato su e-jungian.com . Ci sono situazioni in cui la psiche utilizza dei meccanismi di difesa che nella infanzia sono stati utili per la sopravvivenza psicologica, ma che in età adulta non lo sono più e possono addirittura diventare dannosi bloccando la crescita psicologica e ostacolando il processo del rigenerarsi.
Le situazioni che vi presento in questo articolo, sono situazioni estreme, molto rare e dolorose, ma è interessante analizzarne le immagini psichiche che le accompagnano, per poter coglierne alcuni segnali di allarme. Si tratta di tre persone morte prematuramente di tumore: Domenico Gnoli morto a 37 anni, Maria a 12 e Luca a 47 anni.
I quadri di Domenico Gnoli
Domenico Gnoli, pittore, illustratore e scenografo, è morto per un tumore a soli 37 anni (New York, 1970). Comincia a dipingere questi quadri cinque anni prima della sua morte. Della sua vita
sappiamo che ha vissuto negli Stati Uniti e che ha viaggiato molto, Londra, Maiorca, Brasile, Vietnam, Hong Kong, Australia.
Guardando questi quadri di Domenico Gnoli sono rimasta colpita dalla scelta del dettaglio, come a voler isolare qualcosa che altrimenti sarebbe pericoloso, dalla perfezione con cui viene
rappresentato e soprattutto dalla sensazione di immobilità che pervade l’immagine. Tutto è asettico, perfetto e ordinato, tutto è semplice e accessibile. Quello che manca è il movimento.
Gnoli disegna una poltrona vuota, e per rappresentare un femminile, sceglie di farlo da dietro: si vede il retro della poltrona con la testa di una donna che spunta oltre la spalliera, irraggiungibile.
Si può ipotizzare che la sua vita sia stata vissuta dietro uno schermo, senza un vero incontro con l’altro.
Gnoli rappresenta il retro di un quadro, e questa scelta lo rappresenta molto. Lui è vissuto dietro qualcosa, uno schermo che lo proteggeva.
Flavio Caroli parla di una lastra di vetro. “ … aveva scoperto la lastra di vetro ancora bambino. … Dalla Rocca di Spoleto, col vetro, il mondo appariva ordinato, tranquillo e guardabile. Cose. Macchine. Alberi. Bastava mettersi di fronte al mondo, guardare, e chiudere il canale che portava richiami e ricatti. … Le cose passavano sullo schermo, nitide, devitalizzate. Il mondo potrebbe fare molto male se non si fosse in grado di anestetizzarsi. Così lui, Domenico Gnoli, aveva deciso di rappresentare l’anestesia.” [1]
Questo è quello che vede dietro la lastra di vetro. Non passa il calore di uno sguardo, le emozioni sono anestetizzate, non c’è possibilità di contattare le emozioni. La donna può essere vista da dietro, o, al massimo dall'alto.
E quella scriminatura disegnata così accuratamente, ci ricorda un’altra fessura, raffinata operazione di anestesia di qualsiasi desiderio, dettaglio pietrificato e devitalizzato. L’Eros viene
anestetizzato e perde ogni potere creativo. Questa anestesia delle emozioni è un meccanismo di difesa che è diventato dannoso, ciò che era nato come una difesa necessaria alla sua sopravvivenza
da bambino, è diventato una trappola che blocca ogni movimento psichico, tutto diventa immobile, non è più possibile una evoluzione o una trasformazione. Può capitare spesso di avere un momento
in cui si raffredda l’emozione per renderla sopportabile, è una difesa sana che ci aiuta a gestire un’emozione troppo dolorosa. Quando però questa difesa diventa prevalente su tutte le altre,
pervasiva su molte situazioni della propria vita e persistente nel tempo, allora può risultare dannosa per il benessere psichico.
Il gioco della sabbia di Maria
Maria è una ragazzina di 12 anni, ricoverata in un reparto di pediatria oncologica per un tumore al rene. Stefano Marinucci, neuro-psichiatra infantile e psicoanalista junghiano, riporta il suo caso trattato con la Sand Play Therapy. Colpisce soprattutto il fatto che “La ragazza impiega gran parte del tempo della seduta a lisciare e comprimere con il palmo della mano la sabbia umida.” Maria rappresenta una “piccola città in cui tutto è tranquillo e ordinato; ognuno è al suo posto e tutto funziona a dovere.” Mentre lavora alla sabbia commenta “Soprattutto non c’è confusione … io la detesto … è un posto dove mi piacerebbe vivere, anzi, sembra il posto dove vivo.” Maria ripete questa sabbia anche nelle due sedute successive, con modalità e contenuti simili. Poi non vorrà più fare il gioco della sabbia. Maria morirà pochi mesi dopo la sua prima sabbia.
Colpisce soprattutto l’alto grado di controllo perché tutto sia al suo posto, perché “non ci sia confusione” come dice lei stessa. A differenza delle sabbie di altri bambini, anche loro ricoverati in pediatria oncologica, dove appaiono dinosauri, battaglie, animali feroci, escavatori e cantieri. Marinucci ci suggerisce una lettura importante: dove si rappresenta il conflitto e si contatta la confusione, c’è una possibilità di evoluzione e di elaborazione: la prognosi è migliore, la guarigione diventa possibile. Dove tutto rimane immobile, pietrificato nello spazio e nel tempo, non c’è evoluzione, non c’è storia: la prognosi non è buona, la guarigione diventa difficile.
Questo meccanismo difensivo di Maria, pensare di poter controllare tutto, di mettere tutto in ordine, come se la sua vita fosse una fotografia, un fermo immagine infinito di qualcosa che non fluisce, è qualcosa che blocca il nutrimento psicologico. Un tener fuori le pulsioni aggressive vissute come pericolose senza poterle percepire anche come portatrici di bisogni profondi. Naturalmente la giovane età di Maria ci suggerisce che questo atteggiamento è ciò che lei vive in famiglia, quello che ha imparato e vissuto con i suoi genitori, per cui nel suo caso è necessario considerare anche il contesto genitoriale. [2]
Il sogno di Luca
Il sogno di Luca, 47 anni, malato per un tumore al polmone con metastasi al cervello.
"Sono in una trattoria seduto ad un tavolo con una donna.
La donna è la signora Rossini e stiamo aspettando di mangiare.
Io però sono seduto rivolto al muro e do le spalle alla signora.”
Gli chiedo come mai proprio la signora Rossini (nome di fantasia), e Luca mi spiega che è la moglie di un personaggio importante della città. Questa signora è nota per un brutto incidente di qualche anno prima: facendo retromarcia con la sua auto nel giardino di casa ha investito e ucciso il suo figlioletto di 5 anni. Luca ha scelto un femminile simbolico legato in qualche modo alla morte, se il bambino viene letto come un possibile progetto, questo femminile non può far crescere i suoi progetti. Interessante la posizione di Luca al tavolo della trattoria: è seduto al tavolo, ma è rivolto al muro, non guarda la donna, non la incontra. E le domande che sorgono spontanee sono: perché Luca nel sogno non si gira verso la donna? E perché non si alza e se ne va via?
Colpisce la situazione di stallo in cui si trova Luca: non può incontrare la donna, probabilmente perché è un femminile con valenze distruttive, ma non può nemmeno andarsene, rimane lì, in una situazione senza possibilità di crescita. Luca morirà qualche mese dopo, e credo che questo sogno rappresenti molto bene la sua dinamica psichica. Intrappolato in una situazione senza possibilità di crescita: né verso l’incontro, avrebbe potuto lottare per la nascita di nuovi progetti, né verso l’allontanamento per ricercare nuove situazioni. L’autoinganno di Luca è lo stallo, come in una partita a scacchi, la partita è bloccata: nessuna mossa è possibile, la partita finisce senza una scelta.
Riflessioni
Quando una difesa non protegge più, può diventare dannosa per lo salute psicologica. Come un albero a cui hanno tagliato le radici, non può più nutrirsi dal terreno, non è più in contatto con le energie rigeneranti dell’inconscio. Così l’albero per un po’ può mantenere la sua folta chioma, il tronco robusto, ma poi vengono meno i processi rigenerativi e lentamente comincia a inaridirsi.
Di fronte a casi così gravi dobbiamo avvicinarci con grande umiltà, accettando di non sapere, mettendo da parte le teorie di riferimento per accogliere il mistero della vita e della morte. In questi casi si è perso il significato che collega il sintomo organico con il disagio psichico. Non possiamo distinguere la causa dall’effetto, il nesso causale è perduto, ma possiamo fare alcune riflessioni quando il meccanismo di difesa diventa troppo rigido, persistente e pervasivo.
Domenico Gnoli, negli ultimi 5 anni della sua vita ha cambiato modo di dipingere, ha devitalizzato la realtà, togliendone ogni valenza emotiva. Anestesia delle emozioni per proteggersi da emozioni devastanti, tsunami emotivi che era meglio tenere fuori dalla coscienza. Maria controlla tutto con modi precisi, meticolosi, ripetitivi per tener fuori il disordine, il caos, la ‘confusione’, come la chiama lei. L’Ombra diventa minacciosa, spaventosa, angosciante, per cui la difesa si preoccupa di tenerla a distanza.
Luca nel suo sogno rimane seduto a quel tavolo del ristorante, senza la possibilità di incontrare la sua figura d’anima. Un incontro che si sarebbe potuto sviluppare in un confronto, in uno scontro per elaborare le sue valenze portatrici di morte, oppure avrebbe potuto allontanarsi, separarsi da questa figura d’anima mortifera, per aprirsi ad un nuovo incontro.
In tutti e tre i casi predomina l’immobilità della difesa. L’Ombra non viene contattata, e non può nutrire l’Io con i suoi effetti rigeneranti e creativi. Per questo, nei casi in cui la difesa diventa troppo rigida, persistente e pervasiva, è importante valutare l’opportunità di un percorso psicoterapeutico. Se il disagio somatico non è troppo avanzato si può sperare di introdurre elementi di flessibilità nei meccanismi difensivi.
Paola Palmiotto
© 2015 Paola Palmiotto - Tutti i diritti riservati
[1]. Caroli F. (1996). Trentasette, il mistero del genio adolescente, pag. 120 e 124, Arnoldo Mondadori Editore
[2]. Marinucci S. (1997). Psicosomatica dei tumori giovanili: immagini e prognosi in Montecchi F. (a cura di) (1997) Il gioco della sabbia nella pratica analitica, Franco Angeli Editore